sabato 30 gennaio 2010

Mick Jagger: She's the boss (1985)

Qualsiasi approccio esegetico all'artwork di "She's the boss", non può esimersi dal sottolineare lo psicodramma emozionale contenuto nella placida fotostory a corredo dell'album.
Dal punto di vista estetico, la lineare costruzione narrativa del concept si pone come una sfacciata reprise di
Ultimo tango a Parigi, rivisitazione privata della fluidità intellettule e catalizzante del burro.
La sessualità di coppia è riletta in una chiave abulica, sottoforma di sfiancante monotonia casalinga, una pratica che nell'abuso/sottrazione sembra coincidere con una certa sterilità dell'umore.
L'espressione di Jagger è mesta, quasi remissiva, e mostra tutta l'apatia sommessa di chi è appena entrato in un gorgo d'inazione dalla difficile risalita.
Sullo sfondo fa bella mostra di la partner, impegnata in un dinoccolato esercizio di stretching da far impallidire la più snodata delle
Jennifer Beals.
Quest'ultima assurge, suo malgrado, alla rappresentazione materiale di un corpo sessualmente flessibile e anatomicamente incompleto, decapitato con chirurgica precisione e ridotto alla mera funzione di anonimo arredo domestico (collocazione, tra l'altro, in netto contrasto con l'enfasi paraculistica del titolo).
L'intento è chiaro: garantire l'egemonia scenica del narciso Jagger, fornendo un anonimo" tramite identificativo" atto ad immedesimare le irrazionali fantasie delle fan.
Non a caso nel retro dell'album non vi è più traccia della giovane, opportunamente sostituita da un meno ingombrante televisore e da un'inquietante scorcio che pone la sacca scrotale di Jagger come principale punto di fuga visivo.
In questa spoglia architettura interiore, il feticcio antennato è eretto a capo del letto come una sorta di lapide in 24 pollici, catodico monolito posto a memoria della deriva d'incomunicabilità del rapporto di coppia.

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